Sara Khan è un'attivista per i diritti umani musulmana e direttrice di Inspire,
un'organizzazione con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza dei
diritti umani e delle tutele offerte alle donne musulmane.
Sara ha scritto una lettera alle ragazze che pensano di lasciare i loro Paesi per unirsi all'Isis, dopo che tre adolescenti sono partite da Londra per raggiungere gli estremisti.L'attivista esorta le giovani ragazze musulmane a ignorare la propaganda diffusa dall'Isis e dei suoi sostenitori, che raggiungono le donne attraverso forum online e social media. Finora si ritiene che almeno 60 donne abbiano lasciato il Regno Unito per unirsi Isis, molte delle quali adolescenti.
La lettera è stata pubblicata sul sito di Inspire. Nella lettera, Khan spiega alle ragazze che l'Islam non prevede in realtà un obbligo religioso di fare hijra, cioé di emigrare per fare la guerra.
Khan racconta i secoli in cui cristiani e musulmani convivevano pacificamente, periodi che sono in netto contrasto con la persecuzione che l'Isis ha inflitto alle minoranze religiose che vivono in zone che si trovano sotto il suo auto-dichiarato califfato.
Ecco un estratto della lettera:
Cara sorella,
non mi conosci, ma come te sono inglese e musulmana. Alcuni dei tuoi amici potrebbero essere partiti per unirsi all'Isis e anche tu forse stai valutando di farlo.
I social media sono pieni di racconti su come la vita sia meravigliosa con l'Isis; sul fatto che sarai promessa in sposa a un marito e avrai la possibilità di adempiere al tuo obbligo religioso di fare "hijra".
Potresti avere perfino letto storie di donne che raccontano di aver ricevuto un alloggio gratis, assistenza e la vicinanza di donne di tutto il mondo, e che l'Isis offre sicurezza.
...
Scrivo questa lettera solo per dirti che ti hanno mentito nel più crudele dei modi. Solo perché chi ti mente veste abiti religiosi, usa un linguaggio religioso, e pretende di parlare in nome di Dio, ciò non cambia il semplice fatto che ti menta attraverso una clamorosa manipolazione degli insegnamenti della nostra fede.
Ti stanno mentendo prima di tutto sul tuo dovere religioso come musulmana, ma anche sulla realtà della vita sotto Isis. E il pensiero che tu distrugga la tua vita per un sacco di bugie è ciò che mi spinge a scrivere questa lettera. Perché meriti di conoscere la verità e di vivere una vita piena e felice.
Non c'è alcun obbligo religioso per fare hijra o giurare fedeltà a questo leader auto-dichiarato, che sostiene di essere il califfo. Per secoli i musulmani hanno vissuto in terre che non erano sotto il dominio musulmano.
Anche durante la vita del Profeta, egli non chiese a quei primi musulmani che inizialmente avevano fatto "hijra" in Abissinia di fare hijra a Medina, quando Medina era governata dal Profeta.
...
L'Isis ritiene che le ragazze dovrebbero essere date in moglie a partire dall'età di 9 anni e che le donne dovrebbero restare "nascoste e velate dalla società" -- ma questo è in netto contrasto con la storia islamica. L'Islam ha prodotto alcune delle donne più belle, che erano tutt'altro che nascoste lontano dalla società.
...
L'Isis afferma di sostenere la liberazione delle donne, ma non lasciarti ingannare -- questa non è una liberazione. Si tratta di sottomissione e abuso dell'indipendenza e autorevolezza delle donne, che Dio ha conferito loro per servire l'umanità.
La libertà è un nucleo essenziale dell'Islam; l'Isis sembra sempre e solo negarlo. Il rispetto della vita è un insegnamento sacrosanto del Corano, ma l'Isis sembra solo sminuirlo esso.
La pace è ciò che il Corano chiede ancora e ancora; tuttavia l'Isis cerca sempre e solo guerra, e spargimento di sangue.
...
Cara sorella, non distruggere la tua vita e quella della tua famiglia prendendo per buona una bugia. Troverai molte altre tue sorelle musulmane che hanno rifiutato la chiamata dell'Isis poiché hanno riconosciuto l'ideologia velenosa che porta avanti.
...
Tua sorella nell'Islam,
Sara.
L'intera lettera è stata pubblicata qui.
La vita delle donne sotto l'Isis
Obbligate a portare veli multi-strato, guanti e abiti larghi. Proibito uscire di casa senza un accompagnatore maschile
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Tre donne nella città di Raqqa, in Siria |
Le donne che vivono nelle aree controllate dallo Stato islamico vengono
sottoposte a condizioni sempre più dure per quel che riguarda gli abiti
da indossare e la libertà di movimento. Secondo quanto raccontato da fonti
locali al Guardian, le donne che abitano a Raqqa, Mosul e Deir-el-Zour
vengono obbligate a indossare veli multi-strato, guanti e abaya larghi.
Inoltre, possono lasciare le proprie case soltanto se accompagnate da un uomo che le sorvegli, il mahram.
Le regole vengono applicate minuziosamente dalla polizia religiosa, l’Hisbah.
Le testimonianze raccolte dal quotidiano britannico arrivano un mese dopo la pubblicazione di un manifesto da parte dell’Isis intitolato Donne dello Stato islamico, con l’intento di “chiarire il ruolo delle donne musulmane e lo stile di vita che viene loro richiesto”.
Il documento stabilisce che le ragazze possono sposarsi a partire da
nove anni di età, e che idealmente dovrebbero prendere marito entro i 16
o 17 anni. È loro obbligo quello di rimanere sempre velate e di astenersi dal
lavoro, colpevole secondo lo Stato islamico di "corrompere" le anime
delle donne.
Una passeggiata a Raqqa
Uomini e donne armate. Niente musica o intrattenimento. Un video segreto mostra la vita nella roccaforte dell'Isis (sottotitoli)
Uomini armati dappertutto. Preghiere forzate. Niente musica e nessun intrattenimento.
A
volte s'incontrano anche donne, rigorosamente coperte dal velo
integrale, munite di kalashnikov AK-47, dal quale non si separano
nemmeno per accompagnare i figli al parco giochi.
In
questo video, filmato segretamente da una donna che ha rischiato la
vita, entriamo nella città di Raqqa, roccaforte degli jihadisti dell'Isis.
Un uomo a bordo di un suv che si era accorto della sua presenza da
lontano, la richiama e le dice: "Ehi tu, vieni qui, devi comportarti
meglio quando sei in pubblico." La donna risponde: "Perché?". Lui:
"Perché ti si vede la faccia". Lei è obbligata a chiedere scusa,
ironizzando sul fatto che il sul velo sia "forse troppo trasparente".
L'uomo infine ribatte: "Devi fare attenzione quando ti copri. Dio ama le
donne che si coprono".
Il video continua poi all'interno di un
internet point al centro di Raqqa, dove alcune donne usano i computer
per comunicare con le loro famiglie in Francia via Facebook, e-mail o
Skype. Alcune di loro parlano in francese perfetto. Riferiscono ai
famigliari di non voler tornare in Francia, perché lì stanno bene. "Non
torno indietro mamma, te lo dico chiaramente".
Le donne aggiungono
di non lasciarsi influenzare da quello che vedono in televisione sulla
violenza in Siria. "Tutto quello che vedi in tv è falso, non c'è bisogno
di preoccuparsi. In tv esagerano qualunque cosa".
L'arrivo di
queste donne, che si sposano e si ricongiungono con i propri mariti qui a
Raqqa, fa parte della propaganda e la strategia dei fondamentalisti, si
legge nella trascrizione del video con i sottotitoli tradotti in
italiano sul sito della Stampa, che ha pubblicato il video.
In Siria ci sono al momento circa 150 donne francesi al fianco di diversi gruppi islamici combattenti.
L'Isis spiegato
Che cos'è l'Isis e che cosa vuole Abu Bakr al-Baghdadi, la guida di questo gruppo armato che terrorizza il mondo
Dieci cose da analizzare per cercare di capire che
cos'è lo Stato Islamico: il nome dell'organizzazione, chi è il
capo, chi sono i combattenti, dove prende i soldi, qual è la sua
strategia, i video delle decapitazioni, cosa rappresenta la bandiera,
qual è il suo obiettivo, chi c'è dietro e come combatterlo.
“Le parole ‘Iraq’ e ‘Levante’ sono state rimosse dal nome dello Stato Islamico nei documenti ufficiali”, precisa in quella occasione il portavoce dell’Isis, Abu Mohammad al-Adnani. L'obiettivo, infatti, è di ridefinire i confini del Medio Oriente.
Il califfato si estende da Aleppo, nel nord della Siria, alla regione di Diyala, nell’est dell’Iraq. Attualmente occupa un territorio di circa 35mila chilometri quadrati e oltre 6 milioni di persone vivono sotto il suo controllo.
La rapida conquista del territorio iracheno e siriano da parte dello Stato Islamico e le vittorie a raffica conseguite nell'arco di poche settimane nel mese di giugno sono state costruite in realtà in mesi di manovre lungo due fiumi, il Tigri e l'Eufrate. Nello speciale del New York Times "Lo Stato canaglia lungo il Tigri e l'Eufrate" vengono mappate le conquiste e gli insediamenti dello Stato Islamico.
Nell’audio diffuso su internet dai jihadisti il mese scorso, il portavoce al-Adnani invita tutti i musulmani a respingere la democrazia, la laicità, il nazionalismo e le altre lordure dell’Occidente: “Tornate alla vostra religione”.
2. Chi è Abu Bakr al-Baghdadi?
Nato a Samarra nel 1971, al-Baghdadi si trasferisce a Baghdad all’età di 18 anni. Consegue un dottorato in studi islamici e frequenta la moschea di Tobchi, un quartiere povero della capitale irachena dove convivono sciiti e sunniti.
Tra il 1996 e il 2000 vive in Afghanistan. Nel 2005 l'esercito americano lo reclude a Camp Bucca, un centro di detenzione nel sud dell’Iraq. Nel 2009, quando la prigione di Camp Bucca chiude, al-Baghdadi viene rilasciato.
Nel giugno 2014 inizia l’avanzata dell'Isis: Mosul, Tikrit e la raffineria di Baiji sono le principali conquiste, dove le milizie sotto la sua guida saccheggiano case, assaltano banche ed eseguono esecuzioni sommarie.
Il 2 marzo 2015, 30mila soldati dell'esercito iracheno hanno lanciato una controffensiva per riprendere il controllo di Tikrit, primo passo verso la riconquista anche di Mosul, la seconda città più importante dell'Iraq.
Un profilo del misterioso califfo anche su The Guardian, al-Monitor, BuzzFeed e BBC.
3. Chi sono i combattenti arruolati nello Stato Islamico?
Più di 30mila combattenti hanno aderito alla causa o sono stati costretti a diventare parte dello Stato Islamico. Tre anni fa, il gruppo terroristico era formato da soli 1.000 militanti armati.
Le giovani reclute dello Stato Islamico erano ragazzi in cerca di un lavoro, molti di loro parlano inglese, partiti da Londra, Bruxelles, Parigi e Berlino, con passaporto europeo, attratti dalla propaganda dei jihadisti. Alcuni arrivano anche dalla Spagna.
In Siria e Iraq circa 3mila europei combattono per lo Stato Islamico. A Raqqa, considerata la capitale, uomini e donne armati controllano la popolazione con la forza. Niente musica o intrattenimento. Un altro video, il Wall Street Journal descrive la vita e le attività nella capitale dello Stato islamico.
4. Dove prende i soldi lo Stato Islamico?
Lo Stato Islamico è diventato rapidamente il gruppo terroristico più ricco al mondo. Il suo patrimonio stimato supera i 2 miliardi di dollari. Talebani, Hezbollah, FARC, Al Shabaab e Hamas sono staccati nettamente con 560, 500, 350, 100 e 70 milioni di dollari. Lo Stato Islamico guadagna circa 3 milioni di dollari al giorno grazie al business del petrolio, aumentando quotidianamente il suo capitale dopo la conquista della città irachena di Mosul.
Oltre al petrolio (circa 1.095 miliardi di dollari), il suo patrimonio è costituito da: 430 milioni di dollari rubati nelle banche depredate lungo il cammino di conquiste, 96 milioni di dollari grazie al riciclaggio di denaro nella zona di Mosul, 36 milioni dal business dei tesori archeologici e circa 343 milioni da altre attività ancora da chiarire.
Controllo di pozzi petroliferi in Siria e Iraq, città e villaggi depredati da ogni sorta di ricchezza, equipaggiamenti sottratti al debole esercito iracheno, business degli ostaggi. Le spese ingenti che lo Stato Islamico deve affrontare per combattere la sua guerra con mezzi tecnologicamente avanzati fanno pensare anche ad altre forme di finanziamento.
In molti sostengono che i soldi provengano anche dalle elite sunnite di Arabia Saudita, Kuwait e dagli altri stati del Golfo. Le donazioni private dirette verso lo Stato Islamico passano anche attraverso il confine turco-siriano, come riporta il Washington Post.
Sempre il Washington Post, ha individuato poi nella città di Reyhanli, in Turchia, al confine con la Siria, il luogo dove i jihadisti avrebbero comprato alcune delle loro attrezzature. Il centro commerciale dello Stato Islamico si trova in Turchia?
5. Come funziona la loro strategia del terrore online?
40mila è il numero di tweet che sono stati inviati in un solo giorno dai sostenitori dello Stato Islamico. Esiste una sofisticata rete di account Twitter collegati tra loro che amplificano ogni singolo messaggio proveniente dai membri più influenti dell'organizzazione.
Internet, video, foto, pagine social, da Twitter a Facebook, da YouTube ai semplici blog, la nuova guerra del terrore dello Stato Islamico si combatte con la propaganda in lingua inglese (e non solo), secondo una precisa social media strategy.
Gli sforzi per diventare un marchio del terrore si realizzano anche
con la propaganda attraverso gadget: riviste, magliette, abbigliamento e
passaporti falsi. Si possono comprare anche a Istanbul.
E la propaganda prevede anche che i militanti distribuiscano caramelle e
gelati per i bambini per strada e negli ospedali, non solo odio e
decapitazioni per fare proseliti.
6. Le decapitazioni e i video del terrore
Il 19 agosto dello scorso anno i jihadisti dello Stato Islamico hanno pubblicato un video in cui mostrano la decapitazione di James Foley, giornalista statunitense rapito in Siria nel 2012, minacciando gli Stati Uniti di uccidere anche un altro ostaggio statunitense, il giornalista Steven Sotloff, rapito in Siria nel 2013.
Qui il video della decapitazione di Foley. Il carnefice, secondo The New Yorker, The Telegraph e Quartz, è Mohamed Emzawi, conosciuto anche come Jihadi John, nato in Kuwait ma cresciuto a Londra, di professione informatico. Mentre una ragazza britannica, Khadijah Dare, promette di diventare la prima donna a decapitare un prigioniero occidentale in Siria.
The Post Internazionale ha pubblicato l'ultima lettera di James Foley.
Il 2 settembre 2014 lo Stato Islamico ha diffuso un nuovo video che mostra la decapitazione di un altro reporter americano: è Steven Sotloff, il giornalista mostrato negli ultimi istanti del video della decapitazione di Foley.
Un terzo ostaggio dello Stato Islamico è stato decapitato quasi due settimane dopo: era il britannico David Cawthorne Haines. Il video, intitolato "A Message to Allies of America", è stato rilanciato dagli specialisti del SITE Intelligence Group, che monitora le organizzazioni terroristiche online.
Più di 30mila combattenti hanno aderito alla causa o sono stati costretti a diventare parte dello Stato Islamico. Tre anni fa, il gruppo terroristico era formato da soli 1.000 militanti armati.
Le giovani reclute dello Stato Islamico erano ragazzi in cerca di un lavoro, molti di loro parlano inglese, partiti da Londra, Bruxelles, Parigi e Berlino, con passaporto europeo, attratti dalla propaganda dei jihadisti. Alcuni arrivano anche dalla Spagna.
In Siria e Iraq circa 3mila europei combattono per lo Stato Islamico. A Raqqa, considerata la capitale, uomini e donne armati controllano la popolazione con la forza. Niente musica o intrattenimento. Un altro video, il Wall Street Journal descrive la vita e le attività nella capitale dello Stato islamico.
4. Dove prende i soldi lo Stato Islamico?
Lo Stato Islamico è diventato rapidamente il gruppo terroristico più ricco al mondo. Il suo patrimonio stimato supera i 2 miliardi di dollari. Talebani, Hezbollah, FARC, Al Shabaab e Hamas sono staccati nettamente con 560, 500, 350, 100 e 70 milioni di dollari. Lo Stato Islamico guadagna circa 3 milioni di dollari al giorno grazie al business del petrolio, aumentando quotidianamente il suo capitale dopo la conquista della città irachena di Mosul.
Oltre al petrolio (circa 1.095 miliardi di dollari), il suo patrimonio è costituito da: 430 milioni di dollari rubati nelle banche depredate lungo il cammino di conquiste, 96 milioni di dollari grazie al riciclaggio di denaro nella zona di Mosul, 36 milioni dal business dei tesori archeologici e circa 343 milioni da altre attività ancora da chiarire.
Controllo di pozzi petroliferi in Siria e Iraq, città e villaggi depredati da ogni sorta di ricchezza, equipaggiamenti sottratti al debole esercito iracheno, business degli ostaggi. Le spese ingenti che lo Stato Islamico deve affrontare per combattere la sua guerra con mezzi tecnologicamente avanzati fanno pensare anche ad altre forme di finanziamento.
In molti sostengono che i soldi provengano anche dalle elite sunnite di Arabia Saudita, Kuwait e dagli altri stati del Golfo. Le donazioni private dirette verso lo Stato Islamico passano anche attraverso il confine turco-siriano, come riporta il Washington Post.
Sempre il Washington Post, ha individuato poi nella città di Reyhanli, in Turchia, al confine con la Siria, il luogo dove i jihadisti avrebbero comprato alcune delle loro attrezzature. Il centro commerciale dello Stato Islamico si trova in Turchia?
40mila è il numero di tweet che sono stati inviati in un solo giorno dai sostenitori dello Stato Islamico. Esiste una sofisticata rete di account Twitter collegati tra loro che amplificano ogni singolo messaggio proveniente dai membri più influenti dell'organizzazione.
Internet, video, foto, pagine social, da Twitter a Facebook, da YouTube ai semplici blog, la nuova guerra del terrore dello Stato Islamico si combatte con la propaganda in lingua inglese (e non solo), secondo una precisa social media strategy.
6. Le decapitazioni e i video del terrore
Il 19 agosto dello scorso anno i jihadisti dello Stato Islamico hanno pubblicato un video in cui mostrano la decapitazione di James Foley, giornalista statunitense rapito in Siria nel 2012, minacciando gli Stati Uniti di uccidere anche un altro ostaggio statunitense, il giornalista Steven Sotloff, rapito in Siria nel 2013.
Qui il video della decapitazione di Foley. Il carnefice, secondo The New Yorker, The Telegraph e Quartz, è Mohamed Emzawi, conosciuto anche come Jihadi John, nato in Kuwait ma cresciuto a Londra, di professione informatico. Mentre una ragazza britannica, Khadijah Dare, promette di diventare la prima donna a decapitare un prigioniero occidentale in Siria.
The Post Internazionale ha pubblicato l'ultima lettera di James Foley.
Il 2 settembre 2014 lo Stato Islamico ha diffuso un nuovo video che mostra la decapitazione di un altro reporter americano: è Steven Sotloff, il giornalista mostrato negli ultimi istanti del video della decapitazione di Foley.
Un terzo ostaggio dello Stato Islamico è stato decapitato quasi due settimane dopo: era il britannico David Cawthorne Haines. Il video, intitolato "A Message to Allies of America", è stato rilanciato dagli specialisti del SITE Intelligence Group, che monitora le organizzazioni terroristiche online.
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