A sei anni dallo tsunami, per la prima volta delle immagini definiscono la portata del disastro. Un foro, l’altissima radioattività e i pericoli per l’ambiente naturale
Sei anni dopo, a Fukushima, l’incubo continua e il lieto fine è ancora
molto lontano. La centrale nucleare devastata dal terremoto-tsunami
dell’11 marzo 2011, fa sapere la Tepco, la società proprietaria,
continua a emettere radiazioni a livelli drammaticamente pericolosi,
sebbene non nell’atmosfera. Una telecamera ha filmato l’interno del
reattore numero 2 trasmettendo, oltre a immagini di rovina, un dato
estremamente preoccupante: le particelle emesse in quel punto
raggiungono i 530 sievert l’ora, una quantità sufficiente per uccidere
un essere vivente in pochi minuti. La precedente rilevazione, nello
stesso punto e cioè all’interno del vascello di contenimento, aveva
riportato 73 sievert (comunque letali: una persona esposta a un sievert
per un’ora rischia la morte). Inoltre, dal filmato registrato prima che
la telecamera si rompesse si è scoperto un buco di due metri e tracce di
materia nera solida, probabilmente combustibile ormai esausto, alla
base della struttura. «Un livello così alto di radiazioni, se la
misurazione è esatta, sta a indicare che il materiale fuso in seguito
all’incidente non è lontano e, soprattutto, non è immerso nell’acqua»,
ha spiegato alla tv pubblica Nhk
Hiroshi Miyano, docente all’Università Hosei e a capo di una
commissione di studio sullo smantellamento della centrale giapponese.
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