mercoledì 30 novembre 2016

Chioggia, orgia al bar con i clienti: cameriera scoperta dalle telecamere di sicurezza, il video finisce sul web

A pubblicare le immagini sui social è stato il proprietario del locale. Ma la donna risponde postando una foto del suo volto tumefatto e accusando lʼuomo: "Mi ha picchiata"

Notte a luci rosse in un bar del centro di Chioggia (Venezia), dove una cameriera si è appartata dietro il bancone con una coppia di clienti. A scoprire quanto stava accadendo è stato il proprietario del locale, Matteo Pellegrin, 35 anni, che ha assistito virtualmente alla scena attraverso le telecamere di sicurezza. L'uomo si è subito recato nel bar, ha interrotto le bollenti effusioni dei tre, poi ha postato il video dell'orgia su Facebook.


Le immagini sono esplicite e ritraggono la donna avvinghiata alla coppia di clienti, un uomo e una donna, fidanzati tra loro. "Guardate sti bifolchi", scrive Pellegrin su Facebook, sfogando la sua rabbia. Ma la vicenda non si chiude qui, perché la donna, qualche ora dopo l'accaduto, ha postato sui social un'immagine del suo volto tumefatto. L'accusa è chiara: Pellegrin mi ha picchiato. Ma lui rispedisce tutto al mittente e si difende: "Io non c'entro". Sulla vicenda indaga la polizia.


venerdì 25 novembre 2016

Influenza, picco a gennaio. Colpirà 5 milioni di italiani

I dati dei medici di famiglia: da ottobre sono finite a letto 260 mila persone. Il maggior numero si ammalerà tra gennaio e febbraio: c'è ancora tempo per vaccinarsi


Cinque milioni: tanti saranno gli italiani che quest'anno cadranno vittime dell'influenza stagionale. Già finora sono stati - a partire da metà ottobre - 260 mila quelli finiti a letto con febbre, tosse, raffreddore e male alle ossa; e altri 850 mila sono stati colpiti 'solo' da sindromi respiratorie acute. 

Il picco dell'influenza, se non ci saranno variazioni significative, è previsto tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio. Quindi c'è ancora tempo per correre ai ripari, e i medici di famiglia lanciano un appello perché tutti i cittadini si vaccinino. L'influenza, sottolineano, non è un male da prendere sottogamba visto che ogni anno provoca una media di 8 mila decessi. 


Il punto è che non devono vaccinarsi solo gli anziani o in generale i soggetti deboli, con malattie pregresse: "La vaccinazione deve essere rivolta a tutti perché più i cittadini si vaccinano maggiore è la protezione generale - spiega Claudio Cricelli, presidente Nazionale dei medici di gamiglia (Simg) - Questo si chiama "effetto gregge" e ci consente di contenere la diffusione del virus, di salvaguardare la salute, soprattutto delle categorie a rischio, e ridurre i costi indiretti, quantificabili in 1,6 miliardi ogni stagione influenzale".
Naturalmente i primi a doversi vaccinare sono "i cittadini affetti da patologie croniche, cardiovascolari e respiratorie, anziani, bambini, donne in gravidanza. Per queste persone il vaccino è gratuito e basta recarsi al più presto dal proprio medico di famiglia. Tutti gli altri possono acquistarlo in farmacia". 


E il vicepresidente Ovidio Brignoli aggiunge: "Purtroppo i tassi di vaccinazione nel nostro Paese sono in costante diminuzione. E' un dato preoccupante che deve far riflettere tutti. Noi medici di famiglia siamo quelli più a stretto contatto con i cittadini e quindi dobbiamo incentivare il più possibile il ricorso all'immunizzazione. E dobbiamo dare per primi il buon esempio vaccinandoci. Tuttavia solo il 7% dei medici si protegge, un dato decisamente troppo basso. Ci auguriamo che quest'anno ci sia un incremento delle vaccinazioni anche per gli operatori sanitari".
In Italia funziona la rete nazionale Influnet composta da oltre 1.000 medici di medicina generale e pediatri coordinati dall'Istituto Superiore di Sanità - concludeil dottor Aurelio - Questi operatori effettuano una sorveglianza epidemiologica e virologica settimanale che monitorizza in tempo reale l'andamento dell'influenza su tutto il territorio nazionale. Da metà ottobre a fine aprile di ogni anno. Questa rete è coordinata anche a livello europeo con altri 24mila medici sentinella perché l'influenza, insieme a Aids e tubercolosi, è fra le patologie che devono essere costantemente sorvegliate come suggerito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Storia d’amore rovinata dall’acido. Lei già condannata, lui sfigurato

Stalking, alle nuove accuse la donna ha risposto per cinque ore negando tutto


Brescia - Nei giorni scorsi ha subito la ventinovesima operazione chirurgica. Il calvario di William Pezzullo è ancora lunghissimo. L’acido che il 19 settembre 2012 a Travagliato (sotto casa di un’amica) gli hanno gettato addosso la sua ex fidanzata Elena Perotti e il suo complice Dario Bertelli lo ha sfigurato per sempre. Pezzullo sulla sua pagina Facebook ha scritto di sentirsi bene anche se dolorante. L’ultimo intervento è servito per prelevare un pezzo di tessuto di circa 14 centimetri dalla gamba per trapiantarlo sul collo. Sono circa 30 le operazioni che Pezzullo dovrà subire per cercare di riparare allo scempio fatto da quello che Elena Perotti ieri in Tribunale a Brescia per deporre nel processo che la vede imputata per stalking ha definito «l’evento che ha messo fine alla nostra relazione».
Per cinque ore, dalle 9 alle 14, la 27enne condannata a 8 anni di carcere (è ai domiciliari dai nonni) ha risposto alle domande. Nessuna contraddizione solo qualche lacrima parlando dei suoi due figli.


Fonte: http://www.ilgiorno.it

lunedì 21 novembre 2016

Mangia una zuppa e trova uno strano pezzo di carne... la denuncia shok: "É un pene"!

Trova una strana carne nella zuppa e sospetta si tratti di un p.ne. Una donna ha denunciato la presenza di uno strano alimento, non ben identificato, trovato in una zuppa pronta. 


La donna, come racconta Metro, aveva già mangiato gran parte della porzione prima di accorgersi di uno strano pezzo di carne dalla forma fallica. La zuppa in questione è il Tuo Zafi, un piatto tradizionale a Accra, in Ghana. «Avevo mangiato tutte le altre carni nella zuppa e stava terminando con il più grande pezzo quando ho notato che sembrava un organo genitale maschile», ha denunciato la ragazza. 
Il sospetto è venuto anche al fratello di lei, che stava cenando insieme alla donna, così ha spedito il campione in un laboratorio dove effettuare dei test del DNA per provare a capire di che tipo di carne possa trattarsi l’ingrediente misterioso. La carne cotta però, ha rivelato il tecnico di laboratorio, è difficilmente classificabile e analizzabile. I due hanno deciso di denunciare attraverso i media la vicenda: nel caso in cui dovesse trattarsi veramente di un p.ne umano sarebbe decisamente un caso choc.

Cinque milioni di uomini ogni anno sono vittime delle violenze femminili

Senza nulla togliere alla gravità della violenza maschile sulle donne, credo sia giunto il momento di coniare un nuovo termine anche per il fenomeno opposto: maschicidio.


Perché anche il maschio può essere vittima della violenza femminile. Di certo lo è dell’informazione unidirezionale e di una cultura dominante che procede per stereotipi e pregiudizi: la donna è sempre docile incolpevole vittima e l’uomo sempre carnefice e bastardo. Ma la verità sta sempre in mezzo. Dopo l’elezione di Donald Trump e l’apertura del vaso di Pandora sui media che nascondono, insabbiano o discreditano modificando la verità secondo ideologia (o stereotipi), è emerso il bisogno di autenticità. Di una verità tale a trecentosessanta gradi, la sola capace di darci gli strumenti per risolvere il gap culturale che permette ancora differenze sostanziali tra uomini e donne. E che può fornirci forse perfino la soluzione per diminuire il numero dei femminicidi, costante nel tempo nonostante i passi avanti anche legislativi.
Non possiamo dunque non tenere conto, quando osserviamo il fenomeno del femminicidio, dell’altra faccia della medaglia: la condizione maschile, l’emancipazione psicologica dell’uomo, i pregiudizi legati al concetto di maschio e il tabù che riguarda la violenza femminile sul sesso opposto. Violenza che esiste – anche se raramente ha dinamiche omicidiarie – e che riguarda la psiche, il portafogli e perfino la sessualità. In Italia sono poche le indagini in questo senso. Una di queste – passata quasi inosservata – è stata effettuata nel 2012 da una equipe dell’Università di Siena su un campione di uomini tra i 18 e i 70 anni. La metodologia è la stessa utilizzata dall’Istat nel 2006, per la raccolta dei dati sulla violenza contro le donne e che ancora oggi vengono riportati con grande enfasi. Secondo l’indagine dell’Università di Siena, nel 2011 sarebbero stati oltre 5 milioni gli uomini vittime di violenza femminile configurata in: minaccia di esercitare violenza (63,1%); graffi, morsi, capelli strappati (60,05); lancio di oggetti (51,02); percosse con calci e pugni (58,1%). Molto inferiori (8,4%), a differenza della violenza esercitata sulle donne, gli atti che possono mettere a rischio l’incolumità personale e portare al decesso.


Una differenza rilevante questa, che in parte giustifica la maggiore attenzione al femminicidio. Nella voce «altre forme di violenza» dell’indagine (15,7%) compaiono tentativi di folgorazione con la corrente elettrica, investimenti con l’auto, mani schiacciate nelle porte, spinte dalle scale. Come gli uomini anche le donne usano forme di violenza psicologica ed economica se pur con dinamiche diverse: critiche a causa di un impiego poco remunerato (50.8%); denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner (50,2%); paragoni irridenti con persone che hanno guadagni migliori (38,2%); rifiuto di partecipare economicamente alla gestione familiare (48,2%); critiche per difetti fisici (29,3%). Insulti e umiliazione raggiungono una quota di intervistati del 75,4%; distruzione, danneggiamento di beni, minaccia (47,1%); minaccia di suicidio o di autolesionismo (32,4%), specialmente durante la cessazione della convivenza e in presenza di figli, spesso utilizzati in modo strumentale: minaccia di chiedere la separazione, togliere casa e risorse, ridurre in rovina (68,4%); minaccia di portare via i figli (58,2%); minaccia di ostacolare i contatti con i figli (59,4%); minaccia di impedire definitivamente ogni contatto con i figli (43,8%). Nulla di nuovo rispetto alle ricerche sulla violenza nell’ambito delle relazioni intime condotte in altri paesi, dove c’è una maggiore propensione a studiare il fenomeno tenendo conto di entrambi i sessi.


In una ricerca effettuata nel 2015 nell’ambito del progetto europeo Daphne III sulla violenza nelle dinamiche di coppia e che coinvolge 5 paesi tra cui l’Italia, analizzando un campione di giovani tra i 14 e i 17 anni: le ragazze che hanno subito una forma di violenza sessuale variano dal 17% al 41% in base all’entità dell’aggressione e i ragazzi dal 9% al 25%. Allora, tenendo conto del fatto che la violenza femminile sugli uomini è di entità più lieve, non possiamo negarla. Dobbiamo prendere atto che il problema della così detta violenza di genere va affrontato da un nuovo punto di vista. Gli sportelli antiviolenza, per esempio, sono attualmente dedicati per lo più alle donne e, come afferma Luca Lo Presti, Presidente di Fondazione Pangea, non sono sempre in grado di gestire la richiesta di aiuto del sesso opposto. «Oggi siamo al paradosso – sostiene Lo Presti – che un uomo cosciente di avere un problema legato alla mancanza di controllo della violenza e che chiede aiuto perché ha paura di ferire a morte la compagna, si trova di fronte a muri altissimi. Quando si presenta in un centro antiviolenza ci sono casi in cui viene aggredito psicologicamente e criminalizzato come se dovesse pagare per tutti, in quanto ritenuto parte di una categoria di esseri umani sempre carnefici». Oppure capita che se un uomo è vittima di una forma di violenza e trova il coraggio di denunciare – nonostante il rischio di derisione perché dimostra una fragilità non consona allo stereotipo di virilità e forza -, allora non è creduto. Perché il cliché lo vuole capace di reagire al sopruso senza fare una piega. In un caso e nell’altro non c’è soluzione. Senza la capacità di ascolto e di aiutare gli uomini concretamente a gestire gli impulsi distruttivi o a risanare una ferita dovuta ad abusi subiti da una donna, non ci sarà mai la possibilità di risolvere un problema profondo e articolato come quello della violenza domestica. Oltre il genere però. Perché il centro di tutto non siano i maschi o le femmine, ma la persona.


Raffaella Zardo, la foto in cui l’ex pupilla di Emilio Fede mostra il capezzolo



Lei è Raffaella Zardo, ex pupilla di Emilio Fede al Tg4. Ora torna a far parlare di sè. Perché? Semplice, questa foto data in pasto ai suoi seguaci su Instagram: si mostra tra le lenzuola, capezzolo all’aria.

Clicca qui per vedere la foto


mercoledì 16 novembre 2016

Ubriaco fradicio, gira nudo in moto con indosso un perizoma da donna

Castegnato: ubriaco e in perizoma sullo scooter, denunciato un 49enne bresciano

Denunciato un 49enne bresciano fermato domenica pomeriggio dagli agenti della Polizia Stradale: completamente ubriaco, sfrecciava mezzo nudo in sella ad uno scooter Aprilia, a Castegnato




Incredibile ma vero, in quel di Castegnato: un “centauro” di 49 anni ha sfrecciato in scooter lungo Via Pianera, la Strada Provinciale 11, indossando solamente un perizoma e un paio di calze autoreggenti. Non poca la sorpresa degli agenti che l'hanno fermato, domenica pomeriggio intorno alle 15.30: era ubriaco, è stato denunciato per guida in stato d'ebbrezza e atti osceni in luogo pubblico.
Sono stati proprio gli automobilisti di passaggio a segnalare la curiosa vicenda agli agenti della Polstrada, intervenuti in pochi minuti. Hanno affiancato il 49enne in sella al suo scooter, un Aprilia Scarabeo, intimandogli di fermarsi.
Non ha opposto resistenza, ma ha subito mostrato i segni dell'alcol: il test ha confermato un tasso alcolemico di 1,5 grammi per litro di sangue, tre volte oltre il limite consentito. In stato di ebbrezza, eccome: anche una volta fermato ha continuato a “sfilare” per attirare l'attenzione degli automobilisti.
Così alla denuncia per guida in stato d'ebbrezza, inevitabile come inevitabile è stato il ritiro del mezzo, si è aggiunta quella per atti osceni in luogo pubblico. Lo scherzo è finito in fretta: gli agenti hanno trovato i suoi vestiti “originali” sotto il sellino dello scooter.
E lo hanno fatto subito rivestire. Il 49enne, residente a Brescia e a quanto pare senza precedenti specifici, forse si è reso conto del “danno” provocato, si è subito rivestito e avrebbe pure chiesto scusa.
Impossibile non accorgersi della sua mise: calze autoreggenti fino all'ombelico, a torso nudo nonostante le temperature non più così calde, poi uno striminzito perizoma da donna. Tutt'altro che un bello spettacolo.

lunedì 14 novembre 2016

Valentino Rossi tira un calcio a una donna nel paddock, impreca (poi si scusa)

È successo sul circuito di Cheste, prima del il GP di Valencia, in Spagna: «La mia vita nei paddock è molto difficile»


Valentino Rossi arriva nel paddock del circuito di Cheste, a Valencia, in Spagna e, per non investirla, con un piede allontana una donna che si stava scattando un selfie. La donna viene spinta via brutalmente e Valentino, per di più, impreca. I tifosi spagnoli infiammano Twitter paragonando questo calcio a quello allungato a Marquez durante la gara sul circuito di Sepang del 2015. In molti poi sottolineano il gesto da maleducato. In serata sono arrivate le scuse del pilota: «Chiedo scusa a quella signora e spero che stia bene». Valentino Rossi, dopo la gara di Valencia, spiega che cosa è successo nel paddock: «Quel video è solo l'ultima parte della vicenda. Bisognerebbe capire anche quello che succede prima: la mia vita nel paddock è sempre molto difficile, quando esco dal motorhome con lo scooter per andare ai box sono sempre manate e schiaffi di gente che vuole prendermi il cappello, mi chiede autografi, mi frena addirittura il motorino per farsi i selfie con me. Così è accaduto anche qui e quando sono arrivato lì la signora mi si era appena fermata davanti per fare un selfie: ho avuto paura per la mia incolumità. Le rinnovo le mie scuse, ma penso che sarebbe più bello potersi muovere con più libertà nel paddock. Qui a Valencia l'affetto è grande e mi fa piacere, ma qualche volta va oltre il limite: è da tempo che chiedo un aiuto ma finora nessuno me lo ha dato»


mercoledì 9 novembre 2016

Espulsa dal Regno Unito, non vuole tornare in Italia: “Meglio morire”

Espulsa dall’Inghilterra, non vuole tornare in Italia dove avrebbe subito violenze sessuali nell’indifferenza generale: “Meglio morire”.


La protagonista della vicenda è una 37enne originaria del Darfur che s’è vista rifiutare l’accoglienza sul territorio della Gran Bretagna nonostante vantasse, dall’Italia, il riconoscimento di status di rifugiato. Ma quando i giudici le hanno imposto il ritorno nel nostro Paese, la donna si è opposta denunciando di aver subito violenze e abbandono in Italia e di non aver mai avuto tutela da parte delle forze dell’ordine.
Le rimostranze della 37enne, però, non hanno commosso i giudici che le hanno notificato il provvedimento di espulsione dal Regno Unito. La donna, come racconta il Daily Express,era partita dal Darfur ed era sbarcata a Lampedusa insieme alle centinaia di disperati affidati dai trafficanti di uomini alle carrette del mare, nel 2011. Due anni dopo, nel 2013, la donna si ritrova senza un alloggio dopo la chiusura del centro di accoglienza in cui era ospitata. Per quindici giorni, ha raccontato alle autorità britanniche, s’è ritrovata a chiedere l’elemosina sul marciapiede. Un periodo – secondo il racconto della sudanese – nerissimo dato che proprio in quelle settimane sarebbe stata violentata più volte e nessuna autorità italiana le avrebbe voluto prestare alcun tipo di aiuto. Grazie al sostegno di alcuni connazionali, sarebbe riuscita a raggiungere la Giungla di Calais da dove, nascosta in un tir, ha raggiunto l’Inghilterra. Lasciandosi l’Italia alle spalle, che nel frattempo aveva accolto la sua domanda di asilo e le aveva garantito lo status e la protezione internazionale per i rifugiati.
I giudici britannici, però, non si sono lasciati convincere. E hanno disposto il suo rientro in Italia sotto sorveglianza medica, perché ritenuta a rischio suicidio. La corte ha ritenuto infatti che la donna “odia l’Italia e preferirebbe morire o tornarsene in Darfur piuttosto che rientrare lì”.

martedì 8 novembre 2016

Il Pd boicotta il cane antidroga: “Non lo vogliamo: è fascista”

“Quel cane è antifascista e noi non lo vogliamo”. Suona così, più o meno, la presa di posizione piuttosto particolare del sindaco Pd di Albenga Giorgio Cangiano.


Secondo quanto denunciato dai consiglieri comunali di Forza Italia, Eraldo Ciangherotti e Ginetta Perrone, e della Lega Nord, Rosy Guarnieri e Cristina Porro, la maggioranza abrebbe deciso di boicottare il cane perché lo considera “fascista”.

No al cane fascista

E in effetti lo stesso sindaco ha confermato quanto dichiarato dai consiglieri di minoranza. “Ad Albenga, il Sindaco vuole solo cani del PD – hanno detto a Igv.itE, se possibile, favorevoli al sì al referendum. Nonostante la nostra Città sia più volte salita agli onori della cronaca per i supermarket della droga a cielo aperto, all’uscita delle scuole e alle fermate degli autobus, nonostante il livello di rapporto tra immigrazione e spaccio abbia segnato il forte aumento della criminalità locale, per il Sindaco Cangiano un cane antidroga non rappresenta una priorità, anche per le difficoltà economiche dell’ente dovute ai tagli“.
Il fatto è che si era resa disponibile una soluzione alternativa: prendere a poco prezzo un cane già addestrato da una associazione di Ancona che si chiama “Decima Mas”. “Dal sindaco – dice ancora la minoranza – forse su suggerimento del cugino e socio onorevole del PD Franco Vazio, è immediatamente giunto l’ordine di ritirare la Delibera di giunta. Quindi niente più cane antidroga al Comando della polizia municipale e immediata difesa dei valori partigiani. Qualcuno spieghi al Sindaco e all’Amministrazione Comunale di non politicizzare ogni cosa. Tantomeno i cani e gli animali, innocenti, che nulla hanno a che vedere con le diatribe politiche: per una stupidaggine, hanno privato la nostra città di un servizio importante“.

Il sindaco di fatto ha confermato quanto detto dai consiglieri dell’oppisizione, anche se dice che il motivo principale è di soldi e non ideologico. Principio che però rimane: il cane fascista non lo vogliono proprio. “Il nome dell’allevamento da cui proverrebbe, ‘Decima Mas’ – ha detto il sindaco – ha un ruolo nella nostra scelta: è una questione di rispetto per la storia di Albenga. Se dovessimo prendere un cane antidroga, di certo lo faremmo da un altro allevamento e non da uno che porta il nome della milizia anti-partigiana della Repubblica Sociale Italiana

Quando il figlio calciatore milionario non aiuta la propria famiglia

“MIO FIGLIO CALCIATORE È MILIONARIO, IO VIVO IN UNA TOPAIA COI FRATELLI”

Alla firma del primo contratto da capogiro, in genere il primo pensiero va alla famiglia. Non è stata così fortunata la madre del calciatore che quest’estate ha firmato per 100.000 sterline alla settimana un contratto con il Manchester City. Lui è Nolito, conosciuto anche in Italia dopo aver giocato recentemente con la maglia della nazionale spagnola contro gli azzurri. Sua madre è Rocio Agudo Duran, 46 anni, che ha lamentato la totale rottura dei rapporti con il figlio dallo scorso anno, quando i due hanno avuto un pesante litigio su Whatsapp.


La donna, che oltre al ventinovenne ha altri due gemelli di 6 anni, vive in un appartamento modesto e dalle condizioni igienico-sanitarie precarie. Negli ultimi vent’anni ha avuto problemi con la droga -è una ex eroinomane- ed è finita nel giro della prostituzione per guadagnare denaro. Denaro che al momento non le permette di arrivare a fine mese da quando il figlio ha smesso di passarle i soldi per pagare l’affitto. La signora Duran ha mostrato in un video le condizioni in cui vive, sperando di attirare l’attenzione di Nolito e convincerlo a riallacciare i rapporti. 


Dal canto suo, il calciatore ha sempre riconosciuto come genitori il nonno, recentemente scomparso, e la nonna. I rapporti con la madre sono pessimi, dal momento che lui ritiene la donna si faccia viva solo quando ha bisogno di soldi.

giovedì 3 novembre 2016

Forte rumore in Toscana. Si teme un terremoto!


Molte chiamate ai vigili del fuoco, da diverse parti della Toscana:
da Arezzo a Firenze, da Pistoia a Lucca fino a Massa e Livorno, per quello che è stato percepito come un forte boato e che ha fatto scattare la paura per un possibile terremoto. Le segnalazioni sono state confermate dagli stessi vigili del fuoco che tuttavia non sanno dire con esattezza cosa abbia potuto provocare il boato.

Fonte: Repubblica.it


Ragazze VS Photoshop. Non sempre sono in buoni rapporti!


















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